venerdì 20 gennaio 2012

Rifiuti Zero





A dicembre del 2010 ho trattato l'argomento rifiuti.
Lo ripropongo in attesa di vedere la trasmissione "Presadiretta" di Riccardo Iacona che parlerà di come la città di San Francisco ha risolto il problema adottando la ricetta: "Rifiuti Zero".


Paul Connet
«L’inceneritore è una sconfitta, una rinuncia.
E’ come costruire una toilette al posto di un laboratorio scientifico».
Paul Connett, il papà della strategia “Rifiuti Zero”, è un omone alto e sorridente, ma quando gli parli di termovalorizzatori il suo volto si fa terribilmente serio.
Docente di Chimica Ambientale alla Saint Lawrence University nello Stato di New York, a due passi dal Canada, lo scorso 12 gennaio è stato invitato addirittura dall’Onu per illustrare la sua ricetta di sviluppo sostenibile. «E ci tornerò per una seconda conferenza – annuncia -.
In una sua ultima visita a Parma disse: “Siete ad un Bivio. Potete scegliere quale strada prendere, se fare l’interesse economico di pochi o difendere la salute dell’intera comunità. Se essere pecore o leoni”.

La ricetta “Rifiuti Zero” è semplice, pratica ed economica e volendo possiamo prendere come riferimento la città di San Francisco, USA.
San Francisco: i rifiuti vengono smistati solo in tre diversi contenitori
(materiale riciclabile, umido, indiferrenziato “reale”)
La ricetta San Francisco si articola in dieci “passi” e ci sono migliaia di città nel mondo che la stanno già realizzando. Serve più Informazione, Educazione, Organizzazione e una migliore Progettazione Industriale». Quali sono questi dieci passaggi?
«Il primo è la raccolta differenziata e il secondo è la sua evoluzione attraverso il sistema del porta a porta, il trampolino di lancio per arrivare all’obiettivo “Rifiuti zero”.
Il terzo è il recupero del rifiuto organico attraverso il compostaggio e il quarto sono i centri per il riciclaggio.
Quinto, la fase del “Riutilizzo, Riparazione e Decostruzione”. Tanto per fare un esempio, la vecchia borsa del mio notebook può essere trasformata in un’altra nuova di zecca. E questo tipo di attività darebbe risposta anche alla crisi economica, perché permetterebbe di risparmiare e di creare nuovi posti di lavoro.
Il sesto passo, fondamentale, è ridurre la produzione dei rifi uti, ma qui serve la collaborazione delle aziende e della grande distribuzione. Con una tassa di 15 centesimi di euro sulle borse di plastica, in Irlanda hanno ridotto la loro produzione del 92%, ma si possono evitare anche gli imballaggi inutili, per esempio mettendo a disposizione dei clienti dei distributori alla spina per detersivo, vino, latte e shampoo. C’è chi lo fa, ma questo sistema è ancora poco diffuso».
Il settimo è mettere una tassa sui rifiuti indifferenziati prodotti dai cittadini. Bisogna farli pagare quello che buttano. A Villafranca d’Asti, in Piemonte, è stato fatto, e questa frazione è stata ridotta dell’85%.
L’ottavo punto prevede poi la realizzazione di centri di ricerca, ad esempio in sinergia con le università, per la separazione ulteriore dei materiali contenuti nel residuo indifferenziato.
E il nono la progettazione a livello industriale. Far sì che le aziende producano utilizzando materiali riciclabili. Arriviamo così alla fine del ciclo.
Decimo passo. Il materiale che fino ad ora non è stato possibile recuperare, viene stabilizzato in modo biologico, con trattamenti a freddo, come quello per “estrusione”, che lo rende pressoché inerte. Una quantità minima che può essere stoccata». Come ci sbarazzeremo di ciò che resta senza inceneritore? «Con la tecnologia disponibile oggi, su cento chili di rifiuti ne possiamo eliminare 85 e ciò che rimane non è un pericolo per l’ambiente e la salute umana. Può essere tranquillamente stoccato.
Se però seguiremo in modo rigoroso questi dieci passaggi, investendo sulla ricerca e coinvolgendo l’industria, nel 2020 potremo arrivare a recuperare il 100 per cento dell’immondizia senza bruciarne nemmeno un grammo. A San Francisco, che non è una piccola città, sono al 75%. REALE. (tratto da polisquotidiano.it)

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